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29

Set

Castello di Donnafugata

Storia e segreti di un edificio leggendario

Il Castello di Donnafugata è uno dei più belli della Sicilia. Si trova a circa 15 chilometri da Ragusa ed è una sontuosa dimora nobiliare risalente al tardo Ottocento. A colpire chiunque lo osservi, è anzitutto la sua imponenza. Copre, infatti, un’area di oltre 7500 metri quadrati, su 3 piani in stile neogotico, coronati da due torri laterali. Sovrasta quelli che, un tempo, erano i possedimenti della ricca famiglia Arezzo De Spuches. La prima cosa che incuriosisce in merito a questo splendido castello siciliano, è il nome. Ci sono diverse ipotesi sull’origine di quel “Donnafugata”. Si riconduce tradizionalmente a una leggenda che ha per protagonista la regina Bianca di Navarra. Questa, vedova del re Martino I d’Aragona e reggente del regno di Sicilia, venne imprigionata nel castello dal conte Bernardo Cabrera. Il motivo? Lui aspirava alla sua mano e, soprattutto, al titolo di re. La costruzione dell’edificio, in realtà, è successiva alla leggenda.

Secondo altri il nome è la libera interpretazione e trascrizione del termine arabo عين الصحة ʻAyn al-Ṣiḥḥat (Fonte della Salute) che in siciliano diviene Ronnafuata, da cui la denominazione attuale. C’è anche un’altra ipotesi. Il nome della località potrebbe fare riferimento al possibile ritrovamento, in un imprecisato momento storico, di un corpo femminile deceduto per soffocamento (donna “affucata”, cioè “soffocata” o “morta per soffocamento”).

Castello di Donnafugata storia

Una prima costruzione del castello di Donnafugata si dovrebbe ai Chiaramonte, conti di Modica nel XIV secolo. Nel XV secolo potrebbe essere stata una delle residenze di Bernardo Cabrera, gran giustiziere del Regno di Sicilia. Bisogna comunque considerare che tutte le informazioni che riguardano il castello prima del Settecento sono legati alla leggenda che riguarda Bianca di Navarra. Si sa, invece, che nel 1648 il feudo Bellio-Cabrera di Donnafugata fu acquistato da Vincenzo Arezzo-La Rocca, che ne fece una masseria fortificata. Divenne poi carina neoclassica e castello neogotico. La maggior parte della costruzione si ebbe per volontà del discendente, il barone Corrado Arezzo, nell’Ottocento. Dopo varie generazioni giunse a Clementina Paternò di Manganelli, vedova del visconte Gaetano Combes de Lestrade. Infine, dopo anni di incuria ed abbandono, nel 1982 venne acquistato dal Comune di Ragusa.

Cosa vedere nel Castello di Donnafugata

Il castello si sviluppa su tre piani. Ci sono oltre 120 stanze, di cui una ventina fruibili. Ci sono ancora arredi e mobili originari dell’epoca. Ogni stanza era arredata con gusto diverso e aveva una funzione diversa. Ci sono, ad esempio, la stanza della musica con bei dipinti a trompe-l’œil, la grande sala degli stemmi con i blasoni di tutte le famiglie nobili siciliane e due antiche armature, il salone degli specchi (ornato da stucchi), la pinacoteca con quadri neoclassici della scuola di Luca Giordano. Suggestivo anche il cosiddetto appartamento del vescovo, con splendidi mobili Boulle, riservato esclusivamente all’alto prelato (un membro della famiglia Arezzo nel Settecento). 

Il giardino

Intorno al Castello di Donnafugata c’è un parco di 8 ettari. Vi erano oltre 1500 specie vegetali e “distrazioni” come il tempietto circolare, una coffee house, alcune grotte artificiali con stalattiti finte e un bel labirinto in pietra. Ci sono anche alcuni “scherzi” voluti dal barone. Un esempio: su di un sedile è stato posizionato un irrigatore, che entrava in funzione quando un ospite ci si sedeva sopra. Un altro scherzo del barone burlone veniva attivato quando aprivano una particolare cappella posta in fondo al parco – ne usciva un monaco di pezza, spaventando la vittima dello scherzo. Attualmente gli scherzi non sono attivati, ma si sta lavorando per rimetterli in funzione. Inoltre nel parco si trovano delle tombe vuote, il cui scopo leggendario era di spaventare le donzelle: spinte dal terrore della vista di un corpo morto, andavano a rifugiarsi dal barone che era più che felice di consolarle.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fonte: siciliafan.it