Radio Studio Più

19

Ott

Giuseppe Petrolo, lo chef che ha lasciato Montecarlo per Modica

Umile, ma dotato di grande tecnica, Giuseppe Petrolo è uno degli chef in ascesa in Sicilia

Modica - Galeotta fu l’appendicite del fratellino minore, quando mamma fu costretta a lasciare solo il figlio grande per recarsi in ospedale ad accudire il secondogenito.
Giuseppe aveva 7 anni e sentì la responsabilità di far trovare a casa, pronta, una pasta col pomodoro. “Feci un copia incolla, imitando i gesti che avevo visto ripetere decine di volte alla mamma. Lei tornò dall’ospedale e trovò il piatto in tavola, fumante. Era incredula”.
Ci sono carriere professionali che iniziano per caso, motivate a volte da un accidenti. E' il caso di Giuseppe Petrolo, nato a Noto nel 1986, adottivo di Palazzolo Acreide.
Quella pulsione per i fornelli sarebbe stata assecondata qualche anno dopo all’Alberghiero di Palazzolo, da dove Giuseppe spiccò il volo per fare stage formativi in Spagna e a Londra, e poi trasferirsi, dopo il diploma, a Mentone, in Francia a dieci chilometri da Montecarlo. Qui contribuì ad avviare un ristorante di cucina italiana di nuova apertura. Da commis a chef “lungo sette anni di cammino”, ci racconta. Quindi il salto a Montecarlo, al Beef Bar, dove si misurava con la cucina di carne e di pesce, in un luogo di lavoro prestigioso per palati esigenti.
“Abitavo a Mentone, facendo la spola in moto, perchè Montecarlo aveva costi di vita proibitivi” -ricorda Petrolo. “Facevamo cucina di carne e di pesce, fu un’esperienza dura ma importante nella mia formazione”. I tre anni successivi lo vedono impegnato di nuovo a Mentone, ma la Sicilia, come una sirena, esercitava già il proprio richiamo.
“Una scelta di amore per la mia terra, e il bisogno di stare accanto ai miei genitori, dopo 13 anni di assenza, mi hanno indotto, verso la fine del 2017, a fare la valigia del ritorno”. Giuseppe lavora prima alla Dimora delle Balze, diventata poi nota per il matrimonio di Chiara Ferragni e Fedez, nella collina che da Noto sale verso Palazzolo Acreide. Ma c’è un altro richiamo familiare, che crea un link con la Contea: “Una zia di mio padre vive a Modica, e sin da piccolo ho sempre ricordato il sapore delle sue scacce modicane”. Ancora una volta l’infanzia e l’incrocio con un destino. Giuseppe viene chiamato come chef al Fuoco dei Mori, ristorante di Modica bassa, dove oggi è ancora sul ponte di comando.
“La mia cucina? Quando un cliente mi chiede una caprese estiva so che il pomodoro può essere a fette, a cubetto, o anche una passata, o un carpaccio. Ecco, cerco di interpretare la tradizione nella contemporaneità. E’ questa al cifra della mia cucina”.
I piatti che ami di più?
“I primi, mi rilassa fare la pasta fresca, i tagliolini, le orecchiette, giocando nell’intreccio delle esperienze regionali italiane”. Da qui la pasta cacio e pepe romana col gambero rosso siciliano, un piatto davvero riuscito del suo menù. “A Roma ho imparato come si lega la pasta col pesce, è una vera arte”, racconta. E cosa ci riserva il prossimo menu invernale? “Voglio portare a Modica l’ossobuco alla milanese, con la polenta, per sfidare la chimera del rifiuto della polenta al Sud”.
Tradizione, si diceva. “Amo la battuta di gambero o di tonno, ma se sono chiamato a fare un sugo di maiale mi sveglio all’alba, e inizio a stufarlo in una pentola di terracotta, dove per tre, quattro ore, cucino sedano, carota, cipolla, un pezzettino del piede, le costine, le costolette piccole, fino a quando la carne non si ammorbidisce. Poi preparo un raviolo”.
Nelle corde di Petrolo troviamo anche la tartara di carne tagliata al coltello, e l’agnello ancora una volta dalle lunghe cotture in pentola di terracotta, per preservarne l’odore e il sapore.
E i dolci? “So che la pasticceria è un’arte a sé”, ammette e si schermisce quando ricorda quanto è buona la sua torta di mele tatin francese, con zucchero caramellato, burro, mele tagliate a metà, e pasta frolla.
Per non dire del suo tiramisù, il migliore della provincia di Ragusa, fatto a regola d’arte, con un mascarpone bresciano mandato a ritirare dalla Lombardia.
Il tuo maestro? “Il mio professore dell’Alberghiero, Giuseppe Pappalardo. Mi insegnò che cucina vuol dire passione, sacrificio, lacrime”. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fonte: siciliafan.it