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01

Feb

Marta, il nuoto e la fragilità: la velocista di Palermo

Una storia di rivalsa, di amore, dell'accettazione e del superamento dei limiti. È la storia di una nuotatrice ventiseienne che oltre a inorgoglire i siciliani può anche

Amare qualcosa e mollarla perché non puoi averla davvero, non in quel momento. Soffrire ma sapere che qualcosa non torna e bisogna fare una scelta per salvaguardare quell'amore, perchè si sa, gli amori che non si curano spesso si trasformano, se non in odio, quasi.

Ed è quello che Marta, Marta Polizzi, ha fatto. Si è allontanata per dodici anni dal nuoto, per poi tornare con più passione di prima, con un nuovo record e la chiusura di un cerchio.

Lo sport ha sempre fatto parte della sua vita, la sua è una famiglia di sportivi. Il padre era un velocista da giovane, un centometrista in atletica ("Da lui ho preso la velocità", dice), sua madre è una runners estrema, ("E da lei ho preso la capacità di superare i limiti, di spingere, superare").

Il primo approccio è stato con il tennis ma con scarsi risultati racconta, poi, un corso estivo di nuoto le fece scoprire la sua straordinaria acquaticità ed è così che è cominciato tutto.

Iniziata poco più che bambina la preagonistica e poi l'agonistica, Marta, che oggi ha 26 anni, sentiva già che qualcosa non le calzava bene, in quel periodo non riusciva a esprerimersi nella sua specialità: «Sono una velocista - racconta -, ed era quella la mia strada. Fu quando da "ragazza primo anno", feci a Bagheria per la prima volta il 50 stile e arrivai prima che con il mio allenatore di allora capimmo che dovevamo lavorare in questa direzione per le selezioni per i Campionati italiani.

Lavoraro bene e sodo, ma al momento della gara avevo una sorta di insicurezza che mi prendeva e il risultato non era soddisfacente. Non sapevo cosa fosse - spiega - ero una ragazzina e nessuno purtroppo mi aiutava a capire. Di certo avevo un carico che mi portavo dietro, grosso per una ragazzina, molti non sanno come funziona; a livello natatorio in Sicilia non è lo stesso che nelle altre regioni, fuori le ragazze erano abituate a viaggiare e in gruppo, io arrivavo alle competizioni sempre sola con il mio allenatore, non reggevo e andava male. C'è un lato, quello psicologico che non veniva considerato».

Marta non ne fa una colpa, erano altri tempi, altro approccio allo sport, ed è un argomento di cui ancora si parla con difficoltà e invece dovrebbe essere affrontato seriamente e serenamente, per il bene dello sport e degli atleti.

«I primi anni mi qualificavo per i campionati italiani nazionali ma con posizioni umili - continua Marta - avevo circa 14 anni, miglioravo tanto sulla velocità e feci anche il mio primo record regionale a Roma nel 2009, 26''20 . Iniziò la consacrazione a livello nazionale e in 4 mesi da quella gara a Roma, feci in vasca corta il tempo che mi valse come record regionale juniores, cadetti e assoluto e mi valse anche come primo tempo in Italia. Arrivata ai campionati però chiusi in quinta poisizione. Mi presentavo sempre tra le prime posizioni, magari arrivavo in finale e poi la medaglia non la prendevo».

La storia si ripeteva. Negli anni l'atleta aveva accumulato quote importanti di frustrazione. Perchè quello era ciò che voleva fare, che sapeva fare, che amava fare. «È stato complicato - aggiunge - e ora da giovane adulta mi accorgo che la psicologia dello sport in Sicilia non è per niente promossa e ora capisco alcune dinamiche anche di squadra: io ero una adolescente fragile ed ero in un momento difficile della mia vita al di là dell’adolescenza (forse il momento più complicato nella vita di un essere umano, ndr), ma il supporto non c’era, non si andava a fondo».

Marta mi racconta che quando a 17 anni arrivò alla matuirità, si trovò a doveva decidere cosa fare, andare avanti o mollare, come fanno tutti in quel momento. E mollò. Le chiedo, forse ingenuamente, perchè mai succede a tutti i nuotatori a quell'età di dover scegliere?

«Perchè in Italia siamo obbligati a fare una scelta - dice - le politiche sportive non aiutano, sport e istruzione non vanno di pari passo come all’estero (vedi quello che accade nei college universitari), qui non esiste e predisponi il ragazzo in un'ottica di scelta, finisci il liceo e cosa devi fare, sport o università? È difficile che il ragazzo possa fare entrambe le cose. La logica O O prevale rispetto alla logica E E.

Io volevo fare tutto quello che non avevo potuto fare negli anni di agonismo, e dopo la maturità decisi di andare studiare fuori, volevo avere la mia indipendenza. Ho provato dei test ed entrai a Verona, così mi sono trasferita, e iniziai a studiare Scienze e tecniche psicologiche, laurea triennale. Dopo la laurea decisi di tornare a Palermo. Volevo rimettere a posto le cose, sapevo che stavo nascondendo qualcosa sotto il tappeto e quindi dovevo tornare.

Anche il nuoto, era lì, mi aspettava. Mi capitava ad esempio che ogni volta che vedevo alla tv qualche atleta vincere inziavo a piangere, sentivo che dentro di me qualcosa non era stato ancora elaborato. Così tornai in piscina e feci una esperienza con i master. Ma erano troppo grandi, perchè i master vanno dai 26 anni in su e io ero l'unica della mia età, e non mi sentivo stimolata quindi. Scoprì che c’era la società Mimmo Ferrito che aveva tra i master nuotatori più vicini alla mia età. E così, un giorno a mare con una mia amica incontrai il mio attuale allenatore, Daniele Marchello, e decisi di andare e ricominciare».

Nell’arco di tre settimane aveva già ripreso la forma fisica. Nonostante fosse stata ferma dal 2012 al 2019 riprese subito confidenza con l’acqua. Daniele, l'istruttore, le fece provare in allenamento i 50 stile e Marta fece un tempo di 00'26''20
Ne parlò con gli allenatori dell’agonismo e, nonostante la titubanza iniziale essendosi intanto iscritta alla magistrale di neuropsicologia clinica a Palermo, andò avanti.

«È stato più forte di me, ho dovuto accettare e nell’arco di tre mesi ci sono stati i regionali vinti con 00'26''50. Mi ero avvicinata al mio record. Iniziai quindi la preparazione, con allenamenti studiati e pensati per me. Vedi - spiega - i velocisti hanno la fama di essere pigri. Il fondista distribuisce il lavoro, lavora costantemente a intensità più basse. Il velocista è abituato a concentrare una grandissima intensità in tempi brevi. Ed è proprio una questione mentale, direi caratteriale che non va sottovalutata se si vogliono ottenere le prestazioni migliori.

Il rispetto per l’individualità dell’atleta manca, l’allenatore dà delle norme a cui l’atleta deve attenersi e alcuni le rispettano molto bene, altri, tipo me, hanno bisogno di farlo a modo loro, non parlo di anarchia, ma di rispetto dell’individuo. Atleta e persona devono andare di pari passo.

La peculiarità di Daniele fu quella di capirmi come persona e di adattare i miei allenamenti alla mia personalità, avevo bisogno dei miei spazi e le mie libertà e io sono riuscita ad applicarmi al meglio. Quindi capisci che questo lavoro lo stiamo facendo per me e il mio miglioramento».

Marta non fa certo di tutta l'erba un fascio, parla della sua esperienza personale, del pregresso e del presente. Un tempo anche gli allenatori erano formati in modo diverso, l'approccio allo sport era diverso, in Sicilia poi ogni cosa, ogni innovazione, arriva più lentamente. Finalmente si è sentita capita e considerata non solo come atleta ma anche persona.
Non siamo tutti uguali, ogni atleta, bambino, adolescente o più grande, è diverso dall'altro, ha un carattere, una storia, e lei ha trovato un allenatore che presta attenzione a questo aspetto, la psicologia, che nello sport è fondamentale, per il carico di emozioni, fatiche, responsabilità, che ogni agonista porta con sè.

«La formazione del mio allenatore è stata diversa - spiega la nuotatrice - le cose sono cambiate. Prima si lavorava solo sulla quantità, era raro che non fosse così, ora sulla qualità, è cambiato l’approccio, che anche più affettivo oltre che normativo».

Arriviamo nel 2020, Marta stava facendo l’ultimo anno di neuropsicologia clinica, la tesi fatta era proprio sul nuoto, ed è arrivata la pandemia, giusto nel momento che attendeva da sempre, «Avevo acquisito finalmente serenità e consapevolezzae invece ecco il blocco imposto. Privata di un momento che aspettavo da tanto tempo. E allora ho convertito questa delusione in «"adesso ho ancora più fame di riprendermi quello per cui ho lottato"».

Da marzo al 15 maggio le piscine sono state chiuse. Alla velocista mancavano cinque esami alla laurea intanto e l'ultimo esame l'ha dato il 23 giugno. E ha scritto la tesi, «"Analisi dell’attività prefrontale e dei profili cognitivi di velocisti e fondisti nel nuoto", una tesi sperimentale, quindi c'erano degli esercizi per gli atleti, velocisti e fondisti, costruiti ad hoc con gli allenatori della società, per confrontarli e vedere le differenze, nella personalità, nel modo di ragionare, nell’ansia, tra un atleta e l'altro».

Così da giugno a ottobre Marta si dedica allo studio e si laurea, adesso poteva pensare solo agli allenamenti. Nuotare la sera e con la testa libera. «Era tutto diverso e ho iniziato a investire più tempo ed energie nel nuoto. Mi sono detta che era il momento giusto. E ho iniziato ad allenarmi con una piccola squadretta di agonisti, c’è un supporto reciproco, una sincera voglia di aiutarci, oltre a un fattore di età. L’amore vince sempre, dove c’è l’amore c’è sempre un quid in più. Ci siamo accorti che andavo migliorando e potevano tentare la qualificazione per i campionati nazionali assoluti e anche per fare il record, superarlo. E così è stato».

E infatti Marta alle gare del 24 gennaio 2021 "stampa" un grandisoso record Regionale assoluto 50sl 25"99, «Per me questa gara è stata anche simbolica, io ho sempre pensato di avere delle capacità e di non riuscire a esprimerle, ma non ci riuscivo e quindi quella domenica per me nuotare quelle due vasche è stata una conferma personale molto importante. Un balsamo sulle ferite. Da piccolina pensavo alle Olimpiadi, ero sempre lì lì e poi… nulla.

Per un decimo non ho fatto il tempo per gli assoluti, ovvero 25''82 che è il tempo limite per la qualificazione. Ma tra poco ci ritenterò. Sarebbe bello tornare ai campionati italiani e ad aprile alle gare nazionali. Intantoho chiusto questo cerchio che era rimasto aperto. Questa volta ho preso quello che era mio. Ho ripreso tutto quello che avevo rincorso. Sono scesa sotto i 26, lo sognavo la notte, e farlo veramente è stato a livello personale una vittoria enorme. Io ho vinto. Ora posso perdonarmi e andare avanti».

Il cerchio si è chiuso, dice Marta, ma il suo allenatore non ci sta: «Ma quale cerchio chiuso!? Ora lavoriamo per gli assoluti».


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fonte: balarm.it