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13

Ago

Se ci vai ti perdi fra natura e archeologia: l'oasi di Vendicari come non l'hai mai vista

Percorrendo da Siracusa la S.P. 19 Noto-Pachino, la fascia costiera che va dal Lido di Noto in avanti è tutta un susseguirsi di siti interessanti dal punto di vista paesaggistico, zoologico, botanico e archeologico che, insieme, costituiscono l’Oasi faunistica di Vendicari, Riserva Naturale Orientata formalmente istituita nel 1984 ed estesa più di 1235 ettari.

Il sistema umido, fatto di specchi d’acqua un tempo sfruttati come saline, è un piccolo paradiso di biodiversità: fra i pantani, le dune e il mare cresce rigogliosa la macchia mediterranea e la vegetazione adattatasi agli ambienti sabbiosi e alla gariga costiera, fatta di ginepro, lentisco, mirto, palme nane e oleastri. In quest’area svernano, nidificano o transitano oltre 200 specie di uccelli nelle loro rotte migratorie, e si ritrovano numerose nicchie ecologiche di piccoli mammiferi, anfibi, rettili e specie della fauna acquatica.

Il paesaggio litoraneo che connette questi siti è davvero straordinario: cale e spiaggette dorate con acque cristalline, bellissime sia di giorno per il trekking costiero o per lo snorkeling di superficie che, di notte, per restare in attesa della deposizione delle uova della tartaruga “caretta caretta”, esperienza unica ed emozionante.

Si parte, a nord, da Eloro, città greca fondata alla fine dell’VIII secolo a.C., avamposto costiero siracusano le cui vestigia delle fortificazioni, delle abitazioni, del teatro e dei santuari dedicati a Esculapio e a Demetra giacciono silenti sul promontorio sopra la foce del fiume Tellaro, a controllo del fertile territorio. Secondo le fonti letterarie, nel 413 a.C., proprio nei pressi dell’antico centro si svolse una battaglia campale in cui i Siracusani sconfissero gli Ateniesi, nel corso della disastrosa spedizione in Sicilia, ultima fase della celebre Guerra del Peloponneso.

Piccole insenature con arenili, da qui in poi, si succedono l’uno dopo l’altro: le splendide spiaggette di Eloro, di Marianelli e di Calamosche, ancora incontaminate, dalle quali si può godere, dopo un bagno refrigerante, un tramonto incomparabile.

Guardando bene la linea lungo il litorale si possono scorgere anche profondi e regolari tagli nella roccia affiorante: si tratta di latomie costiere, dalle quali si ricavavano i blocchi per la realizzazione degli edifici della città in età classica.

Proseguendo idealmente lungo l’antico tracciato della Via Elorina, si costeggiano altre aree umide, quelle del Pantano Piccolo e del Pantano Grande, dove si possono scattare suggestive fotografie o divertirsi facendo birdwatching, poiché l’area è popolata da tante specie, stanziali e migratorie, come gli aironi, i cavalieri d’Italia, le cicogne, i cormorani e i fenicotteri.

L’immagine dello scheletro della “casa del salinaro” che si rispecchia nelle immobili acque palustri, col tetto ormai crollato e della quale restano i soli muri dove sostano placidi gli uccelli, è un’incantata cartolina di una Sicilia che non c’è più.

In questa zona dominano il paesaggio la poderosa torre costiera di età sveva, rimaneggiata sino al XVI secolo, e, soprattutto, la suggestiva Tonnara Bafuto, della quale restano i tanti pilastri, che un tempo ne sostenevano le volte, e parte delle logge con le fornaci e i locali per lo stoccaggio del pesce.

Acquistata nel 1655 da Simone Calascibetta insieme a quelle di Santa Panagia a Siracusa, del Fiume di Noto e di Marzamemi, a quest’ultima passò il testimone per le attività produttive, poiché più grande e lontana dall’insalubrità dei limitrofi pantani.

Nell’800 venne presa a censo dal Principe di Villadorata e rimase attiva, seppur discontinuamente, fino alla definitiva dismissione nel 1944. Guardando verso il mare spunta una piccola isoletta sulla quale sorge una casa: proprio lì abitava il “raìs” della tonnara, che gestiva le reti, i malfaraggi a terra, il barcareccio e sorvegliava tutte le fasi dello svolgimento della mattanza.

Attività millenaria quella della lavorazione del tonno, a Vendicari: ne sono conferma i tanti ritrovamenti archeologici di superficie e, poco più avanti, sono ancora visibili i resti delle vasche di età ellenistica per la lavorazione e la salagione del pesce o per la preparazione del ricercato “garum”, direttamente scavate nelle rocce affioranti del suolo e della stessa scogliera.

Il piccolo Centro-ecomuseo per i visitatori, ricavato nelle ex case dei pescatori, con le sue collezioni zoologiche, geologiche ed etnografiche relative all’ecosistema della Riserva circostante, narra di tante ataviche storie legate agli uomini e al loro mare.

Scendendo ancora più a sud, per chi fosse interessato a una passeggiata archeologica, l’ingresso per l’area di Cittadella dei Màccari consente di attraversare le zone umide di Pantano Roveto, Pantano Sichilli e Pantano Scirbia e, lungo i sentieri, imbattersi in preziose testimonianze legate a una comunità bizantina insediatasi nei pressi di questa insenatura portuale, un tempo fortificata con torri e nella quale circolavano uomini e merci, soprattutto derrate alimentari e grano.

L’abitato aveva il suo luogo di culto, la “Trigona”, una chiesa a pianta centrale con tre absidi, posteriore al VI secolo d.C. ma dalla lunga esistenza, oggi inglobata in un caseggiato rurale, della quale si può ammirare la cupola fatta da conci calcarei radiali ben sagomati che formano dodici anelli concentrici; in passato aveva anche le pareti dipinte con immagini sacre, andate totalmente perdute, e inoltre l’edificio custodiva, sotto il piano di calpestio, dei sepolcri. Infatti, nelle immediate vicinanze, si possono vedere altre tombe a fossa scavate nei banchi superficiali di roccia e delle piccole catacombe, sia cristiane che giudaiche, con arcosoli e loculi alle pareti, per i defunti del villaggio.

Più oltre, le spiagge di San Lorenzo, Marzamemi, Pachino fino a Portopalo di Capo Passero, regalano uno sterminato panorama di luce e mare.

Da pochi giorni, per Vendicari è stato istituito un ticket d’ingresso per accedere alla Riserva che possa garantire, costantemente e in maniera mirata – si spera – nuovi servizi e una tutela maggiore di luoghi stupendi ma, anche, di ecosistemi fragili, da proteggere e consegnare alle future generazioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fonte: balarm.it