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Un "bagno nella foresta" per rigenerarsi: Gaspare Armato porta a Palermo lo Shinrin Yoku

Armonia, equilibrio, reciprocità stanno alla base della Medicina Forestale: ovvero curarsi grazie alla natura e agli ambienti indoor attraverso lo scambio tra l’uomo e i suoi stessi habitat

Rigenerazione in natura, Medicina Forestale, Psicologia Ambientale ed Architettonica: saranno questi i cardini del nostro prossimo futuro formulato sul concetto psicofisico di benessere e, aggiungiamo arbitrariamente, anche quello di bell'essere.

Gaspare Armato psicologo libero professionista, psicoterapeuta cognitivista che lavora anche nell’ambito della Psicologia Ambientale e futuro esperto facilitatore in Medicina Forestale presso A.I.Me.F (Associazione Italiana di Medicina Forestale), ridisegna l’idea curativa che hanno la natura e gli ambienti indoor se vissuti in modalità interattiva attraverso lo scambio consapevole tra l’uomo e i suoi stessi habitat.

Non siamo né a Oslo né tanto meno a Berlino, no siamo proprio a Palermo anzi tra Palermo e Montevago, nella Valle del Belice, percorso sul quale viaggia idealmente il suo progetto, scaturito dal master universitario in Futuro Vegetale condotto dallo scienziato e noto botanico Stefano Mancuso, docente all’Università di Firenze, fondatore del Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale (LINV) e che insieme allo psichiatra Gianni Liotti, fondatore della Psicoterapia Cognitivo-Evoluzionista, rappresentano i pilastri fondamentali della sua formazione. Partiamo però dall’inizio.

La storia è di quelle che oggi cominciano a ripetersi in Sicilia, tra le antesignane che parlano di partenze e ritorni, scelte di vita di chi crede che in questa terra ci siano tutte le possibilità per lavorare e creare sviluppo e innovazione, costruire un futuro moderno ed evoluto, utilizzando le risorse del territorio senza inventarsi nulla, ma utilizzando il bello che c’è.

Così Gaspare vede la sua Sicilia: un luogo dove la grande bellezza degli habitat naturali come di quelli abitativi delle architetture, o di fruizione culturale hanno una funzione curativa già in situ, ancor più se su alcuni di questi si promuovono i principi di reciprocità, integrazione e rigenerazione, dove la cura dei luoghi diventa terapia, dove i luoghi diventano cura.

Montevaghese di origine, vissuto da bambino per alcuni anni a New York, è nato appena un anno dopo il catastrofico terremoto che nel gennaio del 1968 rase al suolo il Belice, stravolse la vita di migliaia di Siciliani e la cui ricostruzione non rimane proprio il simbolo di trasparenza ed eccellenza urbanistica. Da questo evento traumatico che ne devastò, soprattutto, l’ambiente umano, scaturisce la motivazione che lo porterà a Padova per intraprendere gli studi universitari in Psicologia e orientare la sua ricerca nel contesto ambientale definendo la funzione degli ambienti, sia indoor che outdoor, come luoghi organizzati e resi fruibili per innescare stati di benessere.

Armonia, equilibrio, reciprocità: connessioni che stanno sotto lo stesso ombrello, ovvero, “i luoghi della cura, la cura dei luoghi” la sintesi alla base della sua ricerca, seguendo quel principio scientifico che insiste sulla potenzialità curativa dell’interazione tra ambiente e uomo, innescando processi benefici migliorativi sui sistemi cognitivi, neuroendocrini, cardiocircolatori ed immunitari degli esseri umani.

È durante l’incontro che spiega come uno dei mali che affliggono la società contemporanea è l’errata percezione umana dell’ambiente naturale: la nostra è una visione della natura di tipo predatoria e non interlocutoria, non di reciprocità, non intendiamo, ad esempio, le piante come degli esseri viventi dotati di una propria vita neurale, di una esistenza vegetale al pari della nostra ma sviluppata in un senso ovviamente diverso, le ignoriamo rendendole invisibili ai nostri occhi, alla nostra percezione.

Gli esseri umani sono afflitti da Plant Blindness ovvero di cecità alle piante e questo nel corso della storia ha generato e continua a generare enormi problemi alla vita sul pianeta. Ma i paesaggi e gli ambienti naturali non sono solo luoghi da cui ricavare risorse alimentare o gradimento estetico, possono essere dei luoghi dove “coltivare” importanti processi di salutogenesi, sia a livello psichico, sia a livello fisico.

Esiste ormai una vastissimi letteratura scientifica internazionale che ne dimostra l’efficacia in questo senso. Il master diventa il volano della sua idea e i “luoghi della cura, la cura dei luoghi” prendono il nome di “Kepos” un progetto già avviato nella fase della riorganizzazione degli spazi insieme ad agronomi, architetti, designer ed artisti, tutti colleghi del master in Futuro Vegetale, provenienti da diverse parti d’Italia, il cui primo scopo è la valorizzazione proprio di quei paesaggi martoriati del suo Belice, trasformandoli in luoghi curativi e di rigenerazione.

Il concetto legato a Kepos – per gli antichi Greci una parola densa di significato che riconduce all’idea di giardino, grembo materno, luogo protetto e paesaggio, ambiente dove si sviluppa la vita - parte dalla teoria scientifica di Kaplan, dalle configurazioni ambientali le cui 4 caratteristiche sono leggibilità, coerenza, complessità e fascinazione, elementi che stimolando l’esplorazione conducono al ritrovamento degli equilibri psicofisici e del proprio Sé.

Un’azione progettuale che si configura anche come “meta-progetto” in grado di sviluppare altre azioni parallele con una interdisciplinarità che fornisce più applicazioni. Un lotto di tre ettari nel territorio di Montevago, donato dai suoi genitori, un luogo in passato violentato dal sisma del ’68 e dagli incendi, a pochi passi dal bosco del Magaggiaro, dove si ripropone una configurazione ambientale ecosistemica rigenerata con più aree vegetali.

La macchia mediterranea specifica di quel luogo, un uliveto con tutte le varietà locali ed un giardino agricolo ed artistico, la cui fruizione dovrà attivare quel processo psicologico di rigenerazione psicofisica finalizzata a trasformare fragilità in risorse, cura del luogo in luogo della cura, seguendo la strada tracciata dalle teorie sugli ambienti naturali rigenerativi di 2 psicologi americani, Kaplan e Ulrich e dalle ricerche di Qing Li e Miyazaki, 2 medici giapponesi padri dello Shinrin Yoku e della Forest Therapy.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fonte: Balarm.it